Caffè artistico con l’artista Emma Bozzi

Cosa rappresenta nella sua totalità e complessità l’opera “Esorcismi”?

«“Esorcismi” descrive la consacrazione dei principi che sono alla base dell’interpretazione dell’essere umano. Le opere della serie ci mostrano la memoria collettiva, le gerarchie, i vizi, le virtù, i sogni e le paure: i fantasmi della contemporaneità. Nell’installazione tavole di pioppo di ugual misura si articolano in un sistema modulare tenuto insieme da morsetti da lavoro. Sono un’analisi programmatica e scientifica del mondo. I soggetti sono molteplici, dipinti ad olio con interventi a grafite e a coltello. La prima serie “Esorcismo Privato” si rivolge a un dialogo della sfera privata, tra sé e sé. In “Esorcismo Pubblico” le opere trovano ispirazione da sentimenti come la rabbia, la delusione, la paura ed il sarcasmo, il tutto pone in relazione il nostro “Io” nel mondo personale e attuale»

Come mai all’interno della stessa serie c’è una suddivisione così meticolosa?

«I moduli che costituiscono l’installazione vogliono ricordare la frammentarietà dell’esperienza, l’importanza del lavoro umano e l’atto stesso del fare; non si tratta di un fatto meramente estetico ma di struttura che ordina, edifica, costruisce usando la peculiarità estetica dell’uomo. La composizione narrativa espone un discorso dialettico di immagini che coinvolge lo spettatore in un rapporto non necessariamente suscettibile alla logica, ma percepibile, in quanto predispone il tutto in un contesto figurativo e uno stato di ascolto. Tutti i moduli sono in sé “Esorcismi”, ricordi di esperienze, capovolgimenti e sacrifici che il sistema di vita e di lavoro richiede, a costo di minare la stessa umanità»

Istallazione “Esorcismi”, sistema modulare legno e morsetti da lavoro, tecnica mista su tavola, 2023

Qual è l’idea che accomuna le tue opere?

«La filosofa Hannah Arendt, nell’opera “Il pensiero secondo”, descrive l’azione come “l’improbabilità infinita che si verifica regolarmente”: quella straordinaria possibilità umana di un eterno iniziare, progettualità che ci rende immortali. Oggi l’attitudine al “fare” analogico tende a perdersi, così come, appunto, la fatica, senza la quale nasce il rischio di disimparare ad amare. Questo è anche il focus della video installazione “Fatica (non sappiamo più fare)”, 2022»

La serie delle opere tratte dall’Inciampo parlano di te?

«Ricevetti l’unica nota che segnò la mia carriera scolastica: avevo le scarpe slacciate. Anni più tardi qualcuno mi fece notare che fossero ancora slacciate. La stringa sciolta pone un rischio, un dato di probabile instabilità. Come le piante dei miei piedi, che inevitabilmente mentre cantavo sul palco o in qualsiasi situazione di esposizione pubblica, si inclinavano di 45′ verso l’esterno riducendo l’appoggio in bilico sull’angolo della suola. Come le turbolenze dei miei primi anni che riducevano il mio appoggio fisico nella realtà presente»

Dalla Serie “Io sono Cuba”: “Un Paese in Attesa”, selezione fotografica, “Sedia, su cui non sedersi, 2022-2023

Ho visto molte opere ambientate a Cuba, descritto come un Paese in attesa, in attesa di cosa?

«L’occidente usa e getta, il resto del mondo usa e consuma, riassembla. Cuba è un’isola che “attende”. Aspetta una via di fuga da narrazioni stanche ed ideologie esauste, ormai svuotate del proprio significato in una dipendenza totale e inarrestabile dal sistema economico globale, così come dal capitale Americano. Ma l’attesa in effetti non è solo dell’isola. In fondo parlare di Cuba è stato un modo per osservare una tendenza collettiva. Le nomenclature, le codifiche e i linguaggi del potere di un tempo non sono sufficienti a dare nome al nuovo mondo, anche semplicemente per la vita e l’identità del singolo individuo. La pittura, l’immagine è per me la possibilità di scoprirne di nuovi»

Qual è il significato dell’istallazione “Chiodi fissi”?

«È un’opera molto importante per il mio processo di crescita artistica, attraverso la quale sono riuscita ad abbandonare alcuni concetti che pensavo inamovibili. Dopo due anni, mi sono resa conto che le certezze che avevo interiorizzato, come punti fissi, non erano più le stesse. L’installazione rappresenta la risoluzione di interrogativi per effetto del tempo: significa cambiare idea e visione con il trascorrere del tempo. L’opera “Chiodi fissi” è realizzata con chiodi raccolti nei luoghi (un chiodo l’ho raccolto all’HangarBicocca), sono legati a un filo di rame e sospesi nello spazio, sono in moto e oscillano nel tempo. Avevo delle certezze che sono infine svanite»

Un ringraziamento speciale all’artista Emma Bozzi dalla rubrica Astarte Art.

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